Siamo nel 1251, Papa Innocenzo IV, originario di Manarola, fa tappa a Portovenere. La tensione tra le due più potenti Repubbliche Marinare dell’epoca, Genova e Venezia, è alle stelle. Ma, grazie anche al passaggio del pontefice, proprio qui nello stesso anno si incontrano due ambasciatori genovesi e due veneziani, per siglare un accordo di pace che doveva durare dieci anni (Sea-turn about the Gulf of Spezia, Agostino Falconi). In realtà, cinque anni dopo inizieranno le guerre tra le due potenze marittime che sarebbero durate fino al 1381.
Il borgo è ben protetto, incastonato tra le mura, per difendersi dagli attacchi provenienti dal mare. Vicino al porticciolo dei pescatori, si apre un vicolo stretto e buio che i locali chiamano “carugio“.
Ai tempi Portovenere era un piccolo villaggio di pescatori e contadini, ma il carugio non era solo una stradetta, ma anche un locale in cui ripararsi nella stagione brutta. Era il cuore pulsante della comunità dell’antica portus veneris.
Già allora qui aveva sede l’osteria del paese, che offriva riparo e ristoro ai marinai, ai corsari (che, a differenza dei pirati, erano i soldati mercenari di allora), ai pescatori di ritorno dal mare. La sera, nella grande stanza illuminata da candele, i marinai si riunivano per bere un bicchiere di vino speziato, mangiare zuppa di ceci e pesce appena pescato, e scambiarsi canzoni e racconti di burrasche e mostri marini.