Diamo il benvenuto al blog del Carugio a Portovenere parlando della Cima alla Genovese! Abbiamo deciso di cominciare la rubrica dedicata ai piatti tipici della Liguria parlandovi di un piatto della tradizione a base di carne per raccontarvi meglio il rapporto che Portovenere – e la Liguria in generale – ha con il suo territorio. Portovenere infatti è un luogo unico, dove la terra incontra il mare.
Per quanto oggi possa sembrarci strano, il pesce è un ingrediente che si è inserito con questa frequenza sulle tavole italiane solo in tempi recenti, nel secondo dopoguerra. Nel XIX secolo, infatti, fu introdotta la pratica della pesca d’altura, un tipo di pesca che consentiva di rifornire pescherie, negozi e supermercati. Prima di allora, il pesce consumato era solamente quello che veniva catturato vicino alla costa, quindi in quantità limitate. Il metodo di pesca e la mancanza dei moderni sistemi di conservazione degli alimenti – come il frigorifero – sono i motivi per cui esistono i pesci sott’olio, sotto sale ed essiccati. Nascono così alcuni dei piatti più caratteristici e gustosi di questa terra, come le acciughe sott’olio, lo stoccafisso e il baccalà sotto sale.
Anche la carne subiva questo genere di lavorazioni e seppur sempre con parsimonia, è sempre stata presente sulle tavole di questa zona.
Nascono così piatti che si trasformano in qualcosa di più profondo. Alcune ricette diventano parte integrante della cultura di un territorio, raccontando una generazione, una terra e un forte senso di appartenenza. La Cima alla Genovese – “A Cimma” in dialetto – è un esempio di questo fenomeno: più che un semplice piatto tradizionale ligure, è una vera e propria poesia gastronomica. Questo secondo piatto a base di carne di vitello, farcito con una ricca e gustosa miscela di ingredienti, viene cucito a mano e bollito con verdure per diverse ore, trasformandosi in un’esperienza culinaria memorabile. Un piatto così speciale che ha ispirato persino una canzone di De Andrè e Fossati.
Quindi, cari lettori, non lasciatevi ingannare dalla nostra posizione in riva al mare: la cucina ligure ha molto più da offrire oltre ai piatti di pesce. Vi invitiamo a scoprire con noi le ricchezze gastronomiche di questa terra, tra le quali la Cima alla Genovese è solo uno dei tanti tesori nascosti.
La cima ripiena trae le sue origini dalla cucina povera ligure. Inizialmente preparata con ingredienti di recupero, come dimostra la composizione della farcia, si è trasformata grazie all’ingegno e alla pazienza delle massaie in un piatto ricco e gustoso. Intorno alla sua preparazione esistono miti e leggende, alcuni dei quali sono stati immortalati da De Andrè e Fossati nella loro canzone.
La Cima, infatti, non richiede solo carne, uova ed erbette. Preparare questo piatto è come combattere contro streghe, magia e malocchio per evitare che esploda durante la cottura, disperdendo nell’acqua tutte le delizie del ripieno e lasciando soltanto uno strato di carne meno pregiata. Pertanto, è inevitabile che nella descrizione di questo piatto siano inclusi alcuni gesti scaramantici. Per garantire il successo nella preparazione della Cima, è essenziale alzarsi presto al mattino, all’alba, senza perdere tempo in rituali di bellezza superflui. Basta guardarsi allo specchio nel fondo di un tegame.
È poi importante posizionare la scopa con la parte superiore rivolta verso l’alto sotto la cappa, in modo che, se una strega dovesse cercare di entrare, sarebbe costretta a perdere tempo contando le paglie di cui è composta la scopa. Nel frattempo, la Cima sarà già cucita e pronta per essere cotta.
La canzone “A Cimma” racconta anche del modo in cui la carne deve essere punzecchiata durante la cottura e di chi ha l’onore di tagliarla per primo: spetta allo scapolo di casa questo privilegio.
Che parte del vitello è la cima? Per questa ricetta serve la sottopancia o pancetta, un taglio povero e grasso di carne bovina.